IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2048 del 2012, proposto da: Residenze Anni Azzurri s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Rocco di Torrepadula, Aldo Bozzi, Claudio Tani e Alessandro Orlandini, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Lecce, via Augusto Imperatore n. 16; Contro: Ministero della Difesa, Commissione Medica Ospedaliera di Taranto e Direzione di Commissariato M.M. di Taranto, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi a 23; Presidenza del Consiglio dei Ministri, n.c.; Nei confronti di Campa Giovanni, rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandro Lucchetti, Elena Daniele, Paola Ferocino, con domicilio eletto, ai sensi dell'art. 25, 1° comma lett. a) del c.p.a., presso la Segreteria del T.A.R. in Lecce, via F. Rubichi n. 23; Per l'annullamento della sentenza n. 1157/2012, depositata in segreteria il 2 luglio 2012, relativa al ricorso numero di registro generale 1729 del 2011, proposto dal sig. Campa Giovanni contro il Ministero della Difesa, Direzione commissariato Marina militare di Taranto, Centro ospedaliero militare Medaglie d'oro «G. Venticinque» di Taranto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, della Commissione Medica Ospedaliera di Taranto e della Direzione di Commissariato M.M. di Taranto; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Sig. Campa Giovanni; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2013 il dott. Paolo Marotta e uditi ravv. C. Tani, per la ricorrente, e l'avv. P. Ferocino, per il contro interessato, e, nei preliminari, l'avv. dello Stato M. G. Invitto; 1. La societa' Residenze Anni Azzurri s.r.l. ha proposto, ai sensi dell'art. 108 del c.p.a., opposizione di terzo avverso la sentenza di questo Tribunale n. 1157/2012, depositata in segreteria in data 2 luglio 2012, con la quale e' stato accolto il ricorso presentato dal sig. Campa Giovanni (Sottufficiale della Marina Militare) e, conseguentemente, sono stati annullati gli atti con i quali l'Amministrazione di appartenenza ha chiesto al Sig. Campa, ai sensi dell'art. 53 comma 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, la restituzione dei compensi da questi percepiti (€ 120.566,23) per le prestazioni lavorative (di tipo infermieristico) svolte in favore della societa' Residenze Anni Azzurri s.r.l. in costanza del rapporto di pubblico impiego (nel periodo compreso tra il 15 giugno 2002 e il 30 ottobre 2006), senza la preventiva acquisizione della prescritta autorizzazione. Con il ricorso in esame, la societa' opponente fa rilevare che, a seguito della sentenza sopra richiamata, la Marina Militare - Direzione di Commissariato di Taranto, con nota del 10 ottobre 2012, nella dichiarata attuazione del principio enunciato dalla predetta sentenza, ha chiesto ad essa il rimborso della somma erogata in favore del Sig. Campa Giovanni. La societa' ricorrente, dopo aver evidenziato di non aver avuto la possibilita' di partecipare al precedente giudizio (non essendole stato notificato il relativo ricorso), ha chiesto l'annullamento della sentenza opposta, per violazione degli arti. 41 comma 2 e 49 del c.p.a. (per omessa instaurazione e integrazione del contraddittorio) nonche' per violazione e falsa applicazione dell'art. 53 commi 1, 7 e 9 del decreto legislativo n. 165/2001 e dell'art. 3 della legge n. 689/1981. Nel merito, sostiene la societa' opponente che il principio enunciato da questo Tribunale nella sentenza opposta (secondo il quale, in materia di incarichi extraistituzionali conferiti ai pubblici dipendenti in carenza dell'autorizzazione della Amministrazione di appartenenza, l'art. 53 comma 7 individuerebbe una sorta di beneficium excussionis a carico del soggetto erogante rispetto al percettore in ordine al versamento delle somme percepite) sarebbe frutto di una rappresentazione ingannevole dei fatti effettuata dal Sig. Campa Giovanni nella precedente impugnativa e, comunque, si porrebbe in contrasto con il principio di cui all'art. 3 della legge n. 689/1981, non potendo prescindere l'imposizione dell'obbligo restitutorio previsto dalla disposizione normativa richiamata da un'analisi della consapevolezza da parte del soggetto esterno erogante della sussistenza del rapporto di pubblico impiego (al ricorso in opposizione sono allegate alcune dichiarazioni del Sig. Campa Giovanni che dimostrerebbero la buona fede della societa' opponente in ordine agli incarichi conferiti a quest'ultimo). Si sono costituiti in giudizio, per il tramite della Avvocatura distrettuale dello Stato, il Ministero della Difesa, la Commissione medica ospedaliera di Taranto e la Direzione del Commissariato Marina Militare di Taranto. Si e' costituito in giudizio anche il Sig. Campa Giovanni, deducendo l'inammissibilita' del ricorso, non assumendo, a suo dire, la societa' ricorrente il ruolo di soggetto legittimato alla proposizione del rimedio dell'opposizione di terzo, di cui all'art. 108 del c.p.a. Con ordinanza n. 28/2013, depositata in Segreteria in data 18 gennaio 2013, e' stata accolta l'istanza cautelare presentata dalla societa' opponente e, per l'effetto, e' stata sospesa l'esecutivita' della sentenza, opposta. 2. All'udienza pubblica del 30 maggio 2013 il ricorso e' stato trattenuto in decisione. 3. Preliminarmente, il collegio fa rilevare che, a seguito della sentenza della Corte costituzionale 17 maggio 1995 (che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 28 e 36 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui i predetti articoli non prevedevano rispettivamente l'opposizione di terzo ordinaria tra i mezzi di impugnazione ordinaria delle sentenze dei Tribunali amministrativi regionali passate in giudicato e delle decisioni del Consiglio di Stato) il rimedio dell'opposizione di terzo e' stato definitivamente introdotto nel processo amministrativo e la relativa legittimazione processuale e' stata riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa non solo ai «controinteressati pretermessi» (ossia ai controinteressati formali, non evocati in giudizio), ma anche ai c.d. «controinteressati successivi», ossia ai destinatari di atti consequenziali di quelli annullati in sede giurisdizionali, ai c.d. «controinteressati occulti», ossia ai soggetti non indicati espressamente nel provvedimento impugnato ne' agevolmente individuabili, e a tutti i' soggetti titolari di una posizione giuridica soggettiva lesa dalla sentenza pronunciata inter alios (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 11 gennaio 2007 n. 2). Questo orientamento ermeneutico deve essere confermato anche con riguardo alla disciplina processuale vigente a seguito dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo (decreto legislativo del 2 luglio 2010 n. 104, entrato in vigore il 16 settembre 2010), che, con formula molto ampia, all'art. 108, comma primo, riconosce espressamente la legittimazione del terzo al rimedio della opposizione «contro una sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorche' passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi». In proposito, il collegio rileva che l'art. 1, comma 1 lett. aa) del decreto legislativo 15 novembre 2011 n. 195, sopprimendo nell'art. 108 c.p.a. l'inciso «titolare di una posizione autonoma e incompatibile», ha ampliato la schiera dei soggetti legittimati all'opposizione di terzo ordinaria, permettendo cosi' un piu' facile accesso alla tutela giurisdizionale delle situazione di interesse legittimo che piu' frequentemente, rispetto a quelle di diritto soggettivo, coinvolgono figure soggettive non espressamente evocate nella formalita' degli atti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 11 settembre 2012 n. 4829). Orbene, nel caso di specie, non puo' fondatamente dubitarsi dalla sussistenza della legittimazione della societa' Residenze Anni Azzurri s.r.l. alla proposizione del rimedio di cui all'art. 108 c.p.a. avverso la sentenza di questo Tribunale n. 1157/2012. Nella sentenza opposta questo Tribunale ha aderito alla tesi formulata nella relativa impugnativa dal Sig. Campa Giovanni, ritenendo, in base alla formulazione letterale dell'art. 53 comma 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, che, con riguardo agli incarichi extraistituzionali conferiti ai pubblici dipendenti da soggetti terzi senza l'autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza (e, quindi, in violazione dell'obbligo di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego), il legislatore statale avesse individuato l'obbligo della Pubblica Amministrazione di escutere preventivamente il soggetto (terzo) erogante e di rivolgersi solo successivamente al percettore (in caso di escussione infruttuosa del terzo). Non c'e' dubbio quindi che l'opzione ermeneutica privilegiata da questo Tribunale si traduca in un pregiudizio per la posizione sostanziale della societa' odierna opponente e che quest'ultima, se avesse avuto la possibilita' di partecipare al precedente giudizio, avrebbe potuto far valere le proprie ragioni in ordine ad una diversa possibile interpretazione della disposizione normativa sopra richiamata. Del resto, la sussistenza della legittimazione processuale della odierna opponente all'esperimento del rimedio di cui all'art. 108 c.p.a. e' evidente ove solo si consideri che, a seguito della sentenza di questo Tribunale n. 1157 del 2 luglio 2012, la Marina Militare - Direzione di Commissariato di Taranto, con nota del 10 ottobre 2012, nella dichiarata attuazione del principio enunciato dalla predetta sentenza, ha chiesto alla societa' Residenze Anni Azzurri s.r.l. il rimborso della somma erogata in favore del Sig. Campa Giovanni. 4. In relazione agli elementi (di fatto e di diritto) dedotti dalla societa' odierna opponente, sono insorti in seno al collegio alcuni dubbi di legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165. 4.1 La disposizione normativa in questione recita testualmente: «I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di fondi equivalenti». Secondo l'interpretazione adottata da questo Tribunale nella sentenza opposta, l'ultimo periodo della disposizione normativa sopra richiamata deve essere interpretato nel senso che, in presenza di incarichi extraistituzionali non autorizzati, l'Amministrazione di appartenenza deve prioritariamente escutere il soggetto che ha ricevuto le prestazioni lavorative non autorizzate da parte del dipendente pubblico e che a nulla rilevi l'eventuale gia' avvenuto pagamento delle medesime, essendo la restituzione delle somme erogate diretta ad integrare il «fondo di produttivita'» o «fondi equivalenti» e non avendo pertanto finalita' solutoria. 4.2 Tuttavia, ad un ulteriore approfondimento della questione, il collegio rileva che l'interpretazione della norma a suo tempo adottata da questo Tribunale si pone in termini di dubbia compatibilita' con il principio di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Se, infatti, in base ai canoni di interpretazione teleologica, la finalita' della disposizione normativa in questione e' quella di tutelare il principio di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego, non si vede perche' della violazione di questo obbligo possa essere chiamato a rispondere un soggetto estraneo alla P.A. e, quindi, non sottoposto al regime giuridico proprio dei dipendenti pubblici. 4.3 Oltre a cio', la norma in questione nella sua formulazione letterale non fa alcun riferimento alla buona o alla mala fede dell'ente che si e' avvalso delle prestazioni lavorative del pubblico impiegato, con la conseguenza che l'obbligo restitutorio dovrebbe ritenersi sussistente in capo al primo anche nell'ipotesi in cui questi non fosse stato consapevole dello status di pubblico dipendente del soggetto incaricato e indipendentemente dal fatto che avesse o meno gli strumenti giuridici per verificare con assoluta certezza l'insussistenza di tale status. Questo aspetto risulta ancora piu' pregnante tenuto conto del fatto che la disposizione in questione sembra prescindere totalmente dal fatto che le prestazioni lavorative siano state o meno pagate, con la conseguenza che l'ente che si sia avvalso delle prestazioni lavorative di un dipendente pubblico, ignorando in buona fede lo status di pubblico dipendente del soggetto incaricato, e che abbia provveduto regolarmente al pagamento delle prestazioni lavorative ricevute, potrebbe essere costretto a versare nuovamente all'Amministrazione di appartenenza gli importi gia' erogati al lavoratore. Con riguardo a tale ipotesi, il collegio ravvisa nella disposizione in esame anche una possibile violazione della liberta' di iniziativa economica privata, di dubbia compatibilita' con il disposto dell'art. 41 Cost. 5.1 Nel tentativo di individuare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione normativa sospettata di incostituzionalita', il collegio ha individuato un recente orientamento giurisprudenziale che attribuisce un rilievo dirimente all'avvenuto pagamento delle prestazioni lavorative espletate dal pubblico dipendente, in assenza della prescritta autorizzazione, consentendo in questo caso alla Amministrazione di appartenenza di agire direttamente nei confronti del proprio dipendente, avendo questi disatteso l'obbligo di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano Sez. IV, 7 marzo 2013 n. 614). E tuttavia anche questa interpretazione dell'art. 53 comma 7 del decreto legislativo n. 165/2001 non e' reputata dal collegio immune da dubbi di legittimita' costituzionale. 5.2 Non c'e' dubbio che i pubblici dipendenti sono tenuti all'osservanza del principio di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego, che trova il suo fondamento costituzionale nell'art. 98, comma 1, della Costituzione, a norma del quale «I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione». Da tale principio discende, per costante giurisprudenza, una presunzione legale di incompatibilita' degli incarichi esterni con i doveri d'ufficio, che non puo' essere superata dal fatto che il dipendente abbia svolto regolarmente la propria attivita' impiegatizia ovvero che in concreto non sussistano situazioni di conflitto con gli interessi e gli obiettivi della p.a. (cfr., Cons. Stato, sez. V, 13 gennaio 1999, n. 29; T.A.R. Lazio, Sez. II, 26 aprile 1990, n. 898). Il dipendente pubblico che viene meno al principio di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego pone in essere un comportamento sicuramente censurabile sotto il profilo disciplinare, come si desume chiaramente dal disposto dell'art. 53 comma 7 ultimo periodo del decreto legislativo n. 165/2001 («In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi sanzioni e ferma restando la responsabilita' disciplinare....). 5.3 Premesso cio', il collegio dubita della compatibilita' con il disposto dell'art. 36 Cost. della disposizione normativa in esame nella misura in cui detta disposizione, indipendentemente dal (doveroso) procedimento disciplinare, pone a carico del dipendente pubblico l'obbligo di restituire all'Amministrazione di appartenenza i compensi percepiti per incarichi extraistituzionali privi della prescritta autorizzazione preventiva. Se per espresso dettato costituzionale «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro ....» (art. 36 comma 1, Cost.), appare infatti di dubbia legittimita' costituzionale la previsione normativa che imponga al pubblico dipendente di restituire alla Amministrazione di appartenenza, i compensi percepiti per incarichi extraistituzionali non autorizzati, laddove non venga verificata preventivamente dalla medesima Amministrazione l'incidenza negativa dello svolgimento dei predetti incarichi lavorativi sul corretto adempimento degli obblighi istituzionali del dipendente o, in generale, sul buon andamento dell'azione amministrativa. 5.4 Se puo' legittimamente essere sottoposto a procedimento disciplinare il dipendente pubblico che, accettando incarichi extraistituzionali senza l'autorizzazione dell'Amministrazione di appartenenza, violi il principio di esclusivita' del rapporto di pubblico impiego, appare di difficile compatibilita' con la disposizione costituzionale sopra richiamata la previsione normativa di un obbligo di restituire quanto percepito, anche nell'ipotesi in cui l'incarico non autorizzato non abbia inciso minimamente sull'ordinario svolgimento della attivita' impiegatizia, essendo stato espletato in assenza di conflitto di interesse e al di fuori dell'orario di servizio (ad esempio, durante le ferie o nel tempo libero). Richiedendo al dipendente pubblico sic et simpliciter la restituzione di quanto percepito per incarichi non autorizzati, senza una preventiva verifica dell'incidenza di questi incarichi sullo svolgimento delle prestazioni lavorative che connotano l'oggetto del rapporto di pubblico impiego, l'Amministrazione verrebbe anche a conseguire un arricchimento ingiustificato, di dubbia compatibilita' con il principio di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 6. Le questioni di legittimita' costituzionale sopra prospettate sono reputate dal collegio, per le ragioni sopra sinteticamente esposte, non manifestamente infondate. Dette questioni sono altresi' rilevanti, non potendosi prescindere, ai fini della decisione del ricorso in esame, dalla applicazione della norma in questione e non ravvisando il collegio, oltre a quelle sospettate di incostituzionalita', un'interpretazione alternativa, costituzionalmente orientata, della medesima disposizione normativa.